Riunione? No, no, devo lavorare!

  1. Decidere quali riunioni servono, perché e chi deve partecipare.
  2. Scegliere una giornata fissa e barrare le agende di tutti i partecipanti.
  3. Definire poche e chiare regole di condotta.
  1. Convocare riunioni all’ultimo momento, salvo straordinarie emergenze.
  2. Incontri fiume.
  3. Chiudere la riunione senza un verbale o un report sulle decisioni prese, compiti assegnati e scadenze.

Se dovessi ricevere € 1 per ogni volta che ho sentito questa frase, una bella vacanzina ci scapperebbe!

Pensare che la riunione sia tempo perso vuol dire rinunciare ad uno strumento organizzativo importante.

Il problema non sono le riunioni, ma un atteggiamento sbagliato di chi partecipa alle riunioni: le riunioni bisogna saperle gestire e bisogna saperci stare.

Per la maggior parte delle persone che lavorano in azienda, la riunione è una ghiotta occasione per trasformare l’incontro in uno sfogatoio, in un ring o in un momento in cui ci si possa anche “imbucare” pensando ad altro.

In verità, imparare a fare “buone riunioni” vuol dire:

  • abituarsi ad aprire un confronto e ridurre progressivamente errori e malintesi
  • monitorare lo stato di avanzamento delle attività, evitando di prendere decisioni che cadono nel vuoto,
  • coinvolgere le persone e sollecitare contributi e proposte.

Ancora una volta possiamo dire che il problema non è lo strumento, ma l’uso corretto o meno che se ne fa e la generalizzata mancanza di Cultura d’Impresa non giova.

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