Quando il problema fra le persone è solo una questione di punti di vista.

1 – Ricordarsi sempre che le “teste” ragionano diversamente e la realtà spesso cambia a seconda della prospettiva.
2 – Sapere che si è più predisposti a comprendere il punto di vista diverso espresso da una persona con cui abbiamo un buon rapporto.
3 – Cambiare punto di vista, sapendo che non è peccato: la coerenza ad oltranza non è sempre un valore.

1 – Perdere di vista l’obiettivo aziendale e discutere solo per affermare la propria posizione.
2 – Trasformare il confronto fra idee in uno scontro fra persone.
3 – Rimandare il momento dei chiarimenti: risolvere i conflitti il prima possibile. Le relazioni “guastate” impediscono un sano scambio di opinioni.

Dal confronto allo scontro. Chi non ha mai partecipato a riunioni che, in men che non si dica, si trasformano in veri e propri ring?

Spesso le discussioni sono un’enorme perdita di tempo, perché la realtà si presta a diverse interpretazioni. Questa storiella ce lo dimostra.

Tanto tempo fa in India, nella città presso Savatthi, religiosi, dotti e scienziati litigavano furiosamente, si accapigliavano, si offendevano; ognuno pensava di dire ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e, ognuno, aveva l’idea che era giusto ciò che diceva lui e sbagliato quello che sosteneva un altro.

C’è chi precisava che l’universo è grande, così grande che non ha né una fine né un inizio, mentre l’altro sosteneva che il mondo è finito e, per dimostrarlo, disegnava la mappa del villaggio, dove viveva. C’era chi sosteneva che gli animali hanno un’anima e chi diceva no; un altro che il tempo non ha né inizio né fine, mentre il suo interlocutore, iniziava a contare “uno, due, tre, …, mille …, “Vedi che si può contare il tempo?

Nonostante fossero tutte persone molto colte e istruite, ognuno usava la sua conoscenza per offendere con le parole l’altro. Tra loro c’era un saggio che stava in disparte (…) decise di raccontare una storia che li aiutasse a capire.

Un re in un tempo molto antico, in questa stessa città mandò a chiamare tutti quelli che erano nati ciechi. Dopo che questi si furono raccolti in una piazza, mandò a chiamare un uomo con il suo elefante. Poi, rivolgendosi ai ciechi, disse a ciascuno di loro: “Questo è un elefante, secondo te a cosa somiglia?” Ogni cieco toccò l’animale e, secondo la parte toccata, definì il suo concetto di elefante.

Uno diceva una caldaia, un altro un mantice, un altro, toccando la proboscide diceva il ramo di un albero. Chi aveva toccato le zampe le aveva scambiate per le colonne di un tempio, per un altro le zanne erano un aratro, per un altro il ventre era un granaio, chi aveva toccato la coda la scambiò per una fune di una barca e chi aveva messo la mano sull’orecchio, lo scambiò per un tappeto.

Quando ognuno incontrò l’altro dicendo ciò che secondo lui somigliava l’animale, discutevano animatamente perché ognuno era convinto in modo assoluto di ciò che aveva toccato.

Il re li osservava e si divertiva vedendoli così litigiosi e convinti della loro verità, ma alla fine decise di aiutarli chiamandoli a due a due. Li invitò a toccare la parte che aveva tastato l’altro e a chiedergli a cosa somigliasse. Così tutti espressero quello che sosteneva l’altro e, parlando fra loro, tutti si formarono l’idea di come in realtà l’elefante fosse. Tutti furono d’accordo che era un mantice con un ramo di un albero nel mezzo e a lato un aratro con due tappeti sopra un granaio sostenuto da colonne e tirato da una fune di barca.

Dopo aver finito di raccontare la storia, il saggio disse ai sapienti: “Voi fate la stessa cosa, non sapete ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, né ciò che è bene e ciò che è male e per questo litigate e v’insultate”. “Se ognuno di voi parlasse e ascoltasse l’altro, contemporaneamente, la verità vi apparirebbe come una, anche se ha molte forme”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *